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Poi, ci sono città di cui ti innamori: Istanbul

Viaggi del Benessere

Poi, ci sono città di cui ti innamori: Istanbul

Raccontiamo le 'città' e i 'viaggi', esperienze di benessere

Redazione

05 Agosto 2024 16:00

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Guarda videoFortezza di Rumeli Hisari
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Ci sono città che ami come ami chi ti ha messo al mondo: per me da Caltanissetta, Palermo (da tutta la Sicilia, in effetti) si irradia un amore originario e sorgivo.
Poi, ci sono le città di cui ti innamori a prima vista: a me è avvenuto con Londra, con Venezia… con Istanbul…
Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul… Già questi tre nomi evocano il suo passato di capitale di più imperi e una lunga storia dipanatasi fra lingue, religioni, popoli diversi.
Costantinopoli-Bisanzio diventa Istanbul nel 1453, anno della conquista della città da parte del sultano Mehmet (Maometto) II, quello del famoso ritratto di Gentile Bellini… Il dipinto di Bellini, il pittore dell'aristocrazia veneziana a cui il sultano si rivolse per avere un ritratto alla moda, avrebbe finito con l'assumere il valore extra-artistico di vera e propria icona di quel rapporto fra Oriente e Occidente di cui la città stessa, edificata sul versante europeo e su quello asiatico del Bosforo, è una straordinaria sintesi.
Questa città in bilico fra due continenti e più mondi in realtà continuerà a essere chiamata indifferentemente Costantinopoli o Istanbul anche dopo la conquista ottomana, e per farla diventare ufficialmente e unicamente Istanbul ci vorrà una legge ad hoc, emanata da Ataturk nel 1930.

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Cosa dire, quindi, di una città dalla storia così lunga, capitale di più imperi, culturalmente stratificata, generatrice di miti e ispiratrice di un vero e proprio genere letterario: il "Viaggio a Istanbul" raccontato da tanti artisti e letterati…
Nonostante a Istanbul io sia stata più volte e abbastanza a lungo (e forse proprio per questo) mi sono resa conto che l'unico modo in cui sono capace di parlarne è evocando momenti, impressioni, ricordi sparsi … dunque in maniera inevitabilmente personale e selettiva.

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- LA NEVE A ISTANBUL, per esempio…
Sì. A Istanbul d'inverno nevica, e dal Mar Nero soffiano venti gelidi e sferzanti come la Bora a Trieste… E infatti io che lo ignoravo sono sopravvissuta perché arrivavo col mio equipaggiamento triestino e perchè la città, per fortuna, è piena di luoghi dove cercare riparo e tepore in un bicchiere di the …
- L'ARRIVO DAL MARE …
Se possibile, a Istanbul bisognerebbe arrivare via mare, attraversando i Dardanelli e continuando per il Mar di Marmara, dove galleggiano le Isole dei Principi (ritiro estivo dei Sultani) e, a un certo punto, si cominciano a intravedere minareti, cupole e cinte murarie che annunciano la favolosa città ormai vicina. Ma, comunque ci si arrivi, Istanbul va vista dal mare: sobborghi, palazzi ottomani, fortezze, mura, pinete, yalii… cioè quelle case di legno lungo la riva asiatica del Bosforo costruite proprio a pelo d'acqua, perché lì non ci sono maree: simboli dello stile di vita ottomano, dimore tuttora ambitissime come prime o seconde case… Per vedere Istanbul dal mare basta salire su quei battelli che percorrono la trentina di kilometri del Bosforo, fino allo sbocco nel Mar Nero. Per entrare in una yali, invece, serve un/a conoscente stambuliota.
- LA MOSCHEA DI EYUP E IL CAFFÈ DI PIERRE LOTI…
Meno nota di altre famosissime moschee, la Moschea di Eyup è bellissima e inserita in un insieme mirabile. È circondata da un antico cimitero che si allunga, con le sue stele sormontate da turbanti e mezzelune, ai due lati di un sentiero un po' scosceso dal quale, attraverso la vegetazione, si intravede il luccichio marino del Corno d'Oro e che porta al Caffè intitolato a Pierre Loti (pseudonimo di Louis Marie Julien Viaud, 1850-1923) ufficiale di marina francese, scrittore e grande viaggiatore, che come tanti prima e dopo di lui soggiacque al fascino della città. Al caffè ho passato ore bellissime: ambiente suggestivo, il Corno d'Oro dall'alto, cibi e bevande di qualità…

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- ISTANBUL A VOLO D'UCCELLO…
… Una visione spettacolare di Istanbul dall'alto, dopo un mezzo attacco di claustrofobia che, complice il caldo, mi aveva afferrato davanti all'ascensore che porta in cima (quasi… l'ultima parte è a piedi…) della medievale Torre di Galata…
Costruita dai Genovesi, che a Galata avevano una fiorente colonia commerciale, si scorge da gran parte della città ed è uno dei simboli di Istanbul. La Torre è alta più di sessanta metri e sorge su una collinetta, perciò dalla terrazza panoramica la topografia della città si rivela come in una mappa. Una volta arrivata su mi sono detta che ne era valsa la pena, anche perché la claustrofobia era stata subito vinta da una storia singolare che un signore turco aveva cominciato a raccontarmi in un anglo-francese molto creativo già in attesa dell'ascensore: quella di un tizio che nei primi decenni del XVII secolo si era costruito un paio di grandi ali e si era lanciato dalla cima della Torre, sorvolando il Bosforo e atterrando a vari kilometri di distanza, a Scutari (Uskudar) sull'opposta riva asiatica. Non so cosa ci sia di vero, ma in ogni caso la Torre di Galata per me ormai è inevitabilmente associata a questo Icaro stambuliota che sorvola la città a volo d'uccello.
- LA "PERCEZIONE" DELLA CONQUISTA…
La fortezza di Rumeli Hisari si trova sulla riva europea del Bosforo. Si può fare una bella passeggiata lungo le mura e la litoranea e fermarsi a guardare la riva asiatica, qui particolarmente vicina perchè è il punto in cui il Bosforo si restringe in una strozzatura di 600/700 metri.
È il luogo di Istanbul in cui, più che in ogni altro, ho compreso che il 29 maggio 1453 (giorno in cui l'ultimo imperatore bizantino Costantino XI Paleologo morì combattendo e Mehmet II entrò da conquistatore nella città) rappresenta, come altre date emblematiche, solo una sintesi di eventi e processi molto più lunghi. La fortezza di Rumeli Hisari, con quella di Anadolu Hisari sulla riva opposta, furono costruite dagli Ottomani negli anni immediatamente precedenti la conquista nel punto più stretto del Bosforo, a solo una ventina di kilometri dalla città già assediata, proprio per isolarla e impedire ogni aiuto e rifornimento dal Mar Nero. La mattina del 29 maggio 1453, quando l'impero bizantino ebbe termine dopo 1058 anni di storia e la città cadde dopo un lungo assedio, fu solo l'ultimo momento di un destino già segnato da tempo …
- ALLA SCOPERTA DELLE CHIESE BIZANTINE …
A parte quelle erette di sana pianta dopo la conquista ottomana, molte moschee sono in effetti ex chiese e monasteri. Conservano in gran parte la struttura originaria al cui esterno è stato aggiunto un minareto e uno spazio per le abluzioni e all'interno, dato il veto islamico sulle immagini, è stata passata una mano di calce su affreschi e mosaici: dietro la dicitura ‘cami' (moschea) quindi si nasconde spesso una chiesa o un monastero.
La più facile da trovare è la Chiesa di Sant'Irene, vicinissima alla famosissima e splendida Santa Sofia (Aya Sofya, Aghia Sophia… la Chiesa della Divina Sapienza eretta da Giustiniano)
Un'altra accessibile è l'ex Chiesa dei Santi Sergio e Bacco, la Küçük Aya Sofya Cami, la "moschea della piccola Santa Sofia", coeva e architettonicamente simile alla Santa Sofia maggiore, da cui non dista neanche tanto. La Santa Sofia piccola è nel quartiere di Kumkapi, non lontana dal Mar di Marmara e dalla storica Stazione ferroviaria di Sirkeci (quella dove arrivava l'Orient Express e che, segno dei tempi, diventerà o è già diventata un centro commerciale).
Le altre invece sono più difficili da raggiungere, anzi… è un'impresa trovarle: la Zeyrek Cami (prima Monastero del Cristo Pantocratore, l'edificio bizantino più grande dopo Santa Sofia) situata nel quartiere omonimo; la Fethiye Cami, "Moschea della Conquista", nome assunto dalla Chiesa della Theotòkos Pammakàristos (della Madre di Dio piena di benedizioni, spero di aver tradotto bene …) nel quartiere di Çarşamba; infine… una che mi è specialmente cara, la Chiesa di San Salvatore in Chora (Kariye Cami). Le sue decorazioni parietali furono, come le altre, ricoperte di calce, ma i suoi mosaici sono stati successivamente riportati alla luce. Per fortuna, perchè sono splendidi… a mio modesto avviso anche più belli di quelli di Santa Sofia. Sono rimasta incantata a guardarli, persa nella loro magia.
Del resto, prima di perdermi nei mosaici mi ero già persa per strada…

- "AIUTO! MI SONO PERSA!"
Mi è successo davvero, più di una volta, di perdermi mentre andavo alla ricerca di chiese bizantine e nel frattempo scoprivo quasi casualmente Fener, Balat, Fatih… le zone dell'antica Istanbul disposte lungo il versante occidentale del Corno d'Oro che sono le più caratteristiche e forse le più affascinanti della città: antiche case ottomane in legno (alcune recuperate e coloratissime, altre fatiscenti o diroccate), dedali di strade lastricate di ciottoli, alcune con pendenze così elevate che non oso pensare cosa sia percorrerle quando d'inverno sono ghiacciate, mercati (quello straordinario di Malta Çarşı a Fatih, innanzitutto), cortili nascosti, fontane, piazzette con un unico grande albero al centro, chioschi con cibo di strada, localini dove si mangiano manicaretti spendendo molto poco.
Per le sue caratteristiche urbanistiche e architettoniche questa parte della città è patrimonio Unesco, ma quasi nessuno va a visitarla (meno del due per cento dei turisti) forse per la sua fama di zona difficile e sperduta. Sono, in effetti, quartieri labirintici, carenti di indicazioni stradali. La composizione etnica e sociale dei suoi abitanti, che era multiculturale e perfino cosmopolita, è cambiata nel corso del tempo e anche la piccola e media borghesia stambuliota non c'è più (Armeni, Greci, Ebrei ovviamente erano già spariti …). Adesso vi si sono stabiliti emigrati dell'Anatolia orientale che parlano esclusivamente turco. Orientarsi perciò è difficilissimo, trovare quello che si cerca si trasforma in un'avventura e in una caccia al tesoro… Ma quello che ci attende è davvero un tesoro nascosto: forse la zona di Istanbul più ricca di suggestioni ed echi del passato in una metropoli in continua crescita (sedici milioni di abitanti) e in palpabile mutamento.
Dalla prima volta che l'ho vista, alla fine degli anni Settanta, Istanbul infatti è profondamente mutata. È cambiato il paesaggio urbanistico, con nuovi ponti, tunnel, sopraelevate, piazze convertite in parcheggi o in puri luoghi di transito sottratti al piacere degli incontri e all'utilizzo per le manifestazioni politiche. È cambiata la sua atmosfera, che era aperta, rilassante e benevola. È cambiato il paesaggio umano: la città sembra ormai calibrata in buona parte sulle esigenze dei ricchi Arabi del Golfo, per i quali Istanbul sembra non avere, e non avere avuto mai, nulla di mitico e favoloso e che ci vanno essenzialmente a coltivare affari e fare shopping.
Anche per questo vale la pena inerpicarsi per i vecchi quartieri dove, nonostante i mutamenti, la vecchia Istanbul in qualche modo resiste.

Carmela Pignato 
antropologa

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