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Infarto e ictus possono arrivare dall'intestino: la scoperta italiana

Studi e Ricerche

Infarto e ictus possono arrivare dall'intestino: la scoperta italiana

Internisti Simi: "Allo studio nuove strategie anti-trombosi"

Redazione

11 Ottobre 2024 19:00

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C'è una via diretta che collega l'intestino al cuore e al cervello. Un''autostrada' lungo la quale, 'a bordo' del colesterolo cattivo, viaggia una sostanza che è presente in alcuni batteri del microbiota e che può innescare una trombosi responsabile di infarti e ictus. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori italiani diretto da Francesco Violi, presidente onorario della Simi (Società italiana di medicina interna) e professore emerito dell'università Sapienza di Roma, che ne parlerà durante il 125esimo Congresso Simi in programma a Rimini dall'11 al 13 ottobre. Per contrastare il nuovo meccanismo di malattia, sono allo studio terapie mirate.

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"L'arteriosclerosi - ricordano gli internisti della Simi - è una malattia multifattoriale associata a tanti fattori di rischio, i più noti dei quali sono il fumo, il diabete di tipo 2, l'obesità, la sindrome metabolica, l'ipertensione e l'aumento del colesterolo cattivo Ldl". Il team di Violi ha individuato un nuovo responsabile della patologia. 
Cos'è e cosa fa il lipopolisaccaride (Lps). "Il 'colpevole' sul quale si è appuntata la nostra attenzione - illustra lo specialista - è il lipopolisaccaride (Lps), un glicolipide che si trova nella parete dei batteri Gram negativi come l'Escherichia coli. Questa sostanza entra in circolo dopo aver attraversato la parete dell'intestino e si va a localizzare nella parete dell'arterie, dove provoca un'infiammazione cronica di basso grado. Questo danneggia nel tempo le arterie e richiama dal circolo sanguigno le piastrine che provocano la trombosi del vaso interessato.

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Abbiamo già condotto sperimentazioni sugli animali - riferisce Violi - che hanno dimostrato come l'Lps abbia in effetti questa 'vocazione' trombotica". Ecco quindi "una nuova via attraverso la quale si estrinseca il danno aterosclerotico, la trombosi, ed è una scoperta della ricerca italiana. Ora è necessario capire come bloccare questo meccanismo, per prevenire l'infarto e le altre forme di ostruzione arteriosa causati dall'Lps".  
"Il 'primum movens' di questo nuovo meccanismo di malattia - riepilogano gli internisti - è un'alterata permeabilità dell'intestino causata dalla disbiosi, cioè da un'alterazione del microbiota intestinale, che favorisce il passaggio del lipopolisaccaride nella circolazione generale; questo induce uno stato infiammatorio a livello della parete arteriosa, che dà il via alla progressione dell'aterosclerosi coinvolgendo non solo le cellule di rivestimento delle arterie (cellule endoteliali), ma anche i globuli bianchi e le piastrine, rendendole più prone a formare trombi".

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Lps "si muove nel circolo sanguigno a bordo del colesterolo Ldl - precisa Violi - che utilizza come 'cavallo di Troia' per penetrare nella parete delle arterie. La capacità del colesterolo di infiammare le arterie potrebbe dunque essere dovuta non a lui direttamente, ma all'Lps che stimola la produzione di radicali liberi dell'ossigeno, ossidanti che vanno a infiammare la parete delle arterie e la danneggiano. Questo danno richiama poi le piastrine che formano un trombo, andando a interrompere il flusso del sangue all'interno di quell'arteria e dando quindi luogo a un infarto o un ictus".  
Chi è più a rischio? "La presenza di questi batteri pericolosi che possono mandare in circolo l'Lps - prosegue l'esperto - è più probabile nei soggetti classicamente a rischio di infarto, ad esempio le persone con diabete o obesità".
 

"Gli individui dismetabolici presentano un'infiammazione intestinale cronica di basso grado che si associa a una disbiosi intestinale con prevalenza di batteri patogeni come l'E. coli. Abbiamo fatto esperimenti sull'animale obeso e" in effetti "siamo arrivati a dimostrare che questa condizione si associa a disbiosi intestinale, ad aumento di Lps e ad aumentato rischio di trombosi". Commenta il presidente della Simi, Giorgio Sesti: "Questa importante serie di ricerche condotte da un gruppo di ricercatori italiani affiliati alla nostra società scientifica sono la dimostrazione che soltanto il medico internista è capace di avere un approccio olistico clinico e sperimentale in grado di affrontare lo studio di patologie complesse e multifattoriali che richiedono conoscenze mediche trasversali a tante aree specialistiche".

Infarto e ictus possono arrivare dall'intestino: la scoperta italiana

Internisti Simi: "Allo studio nuove strategie anti-trombosi"

11 ottobre 2024 | 00.01

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