Il parere del dottor Matteo Cozzi, biologo nutrizionista presso i centri medici Humanitas Medical Care
Il formaggio è un alimento radicato nella nostra cultura alimentare, ne esistono diverse varietà e viene prodotto a partire da differenti tipi di latte. La sua praticità e la sua appetibilità possono favorirne un consumo eccessivo, contribuendo a una dieta ricca di grassi saturi (quelli considerati “cattivi”). Questo fenomeno può verificarsi anche perché molti formaggi, specialmente quelli freschi, vengono considerati magri e quindi consumati senza le dovute attenzioni. Ci sono formaggi che possono essere considerati magri? Quanto formaggio si può mangiare a settimana?Ne parliamo con il dottor Matteo Cozzi, biologo nutrizionista presso i centri medici Humanitas Medical Care.Quali sono i formaggi magri?Innanzitutto è giusto dire che bisogna fare attenzione ad accostare la parola formaggio alla parola magro, in quanto poi si rischia di consumarne con più leggerezza dei quantitativi maggiori. Per definizione, i formaggi vengono classificati come magri in base al loro contenuto di grassi, quando quest’ultimo è inferiore al 20%, sulla sostanza secca. Con questa classificazione i formaggi magri nel vero senso della parola sono molto pochi e tendenzialmente sono solo quelli scremati. Tutti gli altri, ricotta compresa, rientrano nelle altre categorie che vanno dai formaggi leggeri a quelli grassi e molto grassi, classificati sempre in base al loro contenuto lipidico.Tra le altre classificazioni, in base al tempo di stagionatura, è possibile fare una distinzione tra formaggi freschi e formaggi stagionati. I formaggi freschi, sottoposti a una maturazione inferiore ai 30 giorni, a parità di peso, contengono una maggiore quantità di acqua, rendendo possibile consumarne porzioni leggermente maggiori rispetto a quelli stagionati.I formaggi da preferire, siano essi di pecora, capra o mucca, sono quelli freschi come la ricotta, lo stracchino e la mozzarella, poiché contengono una quantità inferiore di grassi e sale rispetto ai formaggi stagionati, in quanto hanno una maggiore percentuale di acqua. Per quanto sia un latticino più che un formaggio vero e proprio, la ricotta è uno di quelli con la minore percentuale di grassi e di sale. Quando è prodotta con latte di bufala, contiene, in media, circa il 15-20% di grassi, mentre se si utilizza latte di mucca, capra o pecora, la presenza di grassi può scendere addirittura attorno all’10%. La feta, un formaggio prodotto con latte di pecora, una piccola quantità di latte di capra e caglio, è spesso erroneamente considerata più salutare rispetto ad altri formaggi a pasta semidura. Tuttavia, i valori nutrizionali della feta sono più o meno simili ad altri formaggi freschi, a eccezione del contenuto di sale, che risulta essere più elevato.Formaggi come la mozzarella, la crescenza, la scamorza e lo stracchino presentano percentuali di grassi che si aggirano intorno al 20-25% per ogni 100 g di prodotto, il che significa che contengono circa 20-25 g di grassi. Valori nutrizionali simili si possono osservare anche nei formaggi spalmabili.La robiola, che generalmente è ritenuta come magra, invece ha una percentuale di grassi ancora più alta, che può arrivare anche intorno al 30%.Quanto formaggio si può mangiare a settimana?Per la maggior parte delle persone, il formaggio rappresenta spesso una soluzione rapida e comoda per la pausa pranzo o a cena. Il formaggio è un’importante fonte nutrizionale di proteine, calcio e vitamina D, ma contiene anche grassi saturi, sale (sodio) e colesterolo, che, se assunti in quantitativi eccessivi, possono essere dannosi per la salute cardiovascolare.Per queste sue caratteristiche, il formaggio non dovrebbe mai essere utilizzato, come spesso accade, come un’aggiunta ai pasti o come un alimento da spiluccare in attesa di mangiare o alla fine del pasto, ma bisogna considerarlo come una vera e propria alternativa alle altre fonti di proteine (carne, pesce, uova, legumi e salumi). Il suo consumo dovrebbe essere controllato, e limitato a non più di un paio di volte alla settimana. Nel caso venisse consumato insieme a una delle altre famiglie di alimenti che rappresentano delle fonti di proteine, allora bisognerebbe bilanciarne in maniera adeguata i quantitativi consumati. In alternativa, può anche essere sfruttato e incluso nella preparazione di piatti unici, come condimento per piatti a base di cereali come pasta, riso, orzo e farro (ad esempio pasta con ricotta e pomodorini o insalata di farro con la feta).Un appunto utile potrebbe essere quello relativo ai formaggi light, per i quali è giusto fare attenzione. Il fatto che un formaggio abbia un contenuto ridotto di calorie o di nutrienti (come grassi o sale), spesso si può tradurre in un consumo di quantitativi di prodotto maggiori. Inoltre, spesso, per mantenere comunque un’adeguata gradevolezza dal punto di vista del gusto, i prodotti light prevedono l’aggiunta di altri nutrienti/ingredienti, che chiaramente ne fanno scadere la qualità nutrizionale (es. formaggi senza grassi ma a cui è aggiunto sale, o viceversa). Oltretutto, la riduzione di nutrienti può determinare allo stesso tempo una diminuzione del senso di sazietà. Infine, per garantire comunque un’adeguata appetibilità, questi alimenti possono essere anche ricchi di additivi o composti chimici che ne peggiorano ulteriormente la qualità nutrizionale.Chi non dovrebbe mangiare formaggi?A parte chi sceglie di non consumarlo per motivi personali, per coloro che soffrono di intolleranza al lattosio, non vanno consumati i formaggi freschi a pasta molle, come mozzarella, ricotta, fiocchi di latte, formaggi spalmabili e crescenza (tra i più comuni), mentre possono mangiare senza problemi, oltre a quelli dichiaratamente delatossati, anche i formaggi naturalmente privi di lattosio, come, tra gli altri, grana, parmigiano, asiago, gorgonzola e pecorino (anche se la quantità tollerata varia dalla sensibilità personale). Inoltre, per la presenza di grassi saturi, devono fare particolare attenzione al consumo di formaggio coloro che presentano ipercolesterolemia e dislipidemie, mentre a causa del fatto che questa famiglia di alimenti è ricca di sale, anche le persone con ipertensione non dovrebbero avere un consumo con frequenza elevata. Formaggi magri: quali sono e quanto mangiarne | Humanitas Salute (humanitasalute.it)
Il formaggio è un alimento radicato nella nostra cultura alimentare, ne esistono diverse varietà e viene prodotto a partire da differenti tipi di latte. La sua praticità e la sua appetibilità possono favorirne un consumo eccessivo, contribuendo a una dieta ricca di grassi saturi (quelli considerati "cattivi"). Questo fenomeno può verificarsi anche perché molti formaggi, specialmente quelli freschi, vengono considerati magri e quindi consumati senza le dovute attenzioni. Ci sono formaggi che possono essere considerati magri? Quanto formaggio si può mangiare a settimana? Ne parliamo con il dottor Matteo Cozzi, biologo nutrizionista presso i centri medici Humanitas Medical Care.
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Quali sono i formaggi magri? Innanzitutto è giusto dire che bisogna fare attenzione ad accostare la parola formaggio alla parola magro, in quanto poi si rischia di consumarne con più leggerezza dei quantitativi maggiori. Per definizione, i formaggi vengono classificati come magri in base al loro contenuto di grassi, quando quest'ultimo è inferiore al 20%, sulla sostanza secca. Con questa classificazione i formaggi magri nel vero senso della parola sono molto pochi e tendenzialmente sono solo quelli scremati. Tutti gli altri, ricotta compresa, rientrano nelle altre categorie che vanno dai formaggi leggeri a quelli grassi e molto grassi, classificati sempre in base al loro contenuto lipidico.
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Tra le altre classificazioni, in base al tempo di stagionatura, è possibile fare una distinzione tra formaggi freschi e formaggi stagionati. I formaggi freschi, sottoposti a una maturazione inferiore ai 30 giorni, a parità di peso, contengono una maggiore quantità di acqua, rendendo possibile consumarne porzioni leggermente maggiori rispetto a quelli stagionati.
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I formaggi da preferire, siano essi di pecora, capra o mucca, sono quelli freschi come la ricotta, lo stracchino e la mozzarella, poiché contengono una quantità inferiore di grassi e sale rispetto ai formaggi stagionati, in quanto hanno una maggiore percentuale di acqua.
Per quanto sia un latticino più che un formaggio vero e proprio, la ricotta è uno di quelli con la minore percentuale di grassi e di sale. Quando è prodotta con latte di bufala, contiene, in media, circa il 15-20% di grassi, mentre se si utilizza latte di mucca, capra o pecora, la presenza di grassi può scendere addirittura attorno all'10%.
La feta, un formaggio prodotto con latte di pecora, una piccola quantità di latte di capra e caglio, è spesso erroneamente considerata più salutare rispetto ad altri formaggi a pasta semidura. Tuttavia, i valori nutrizionali della feta sono più o meno simili ad altri formaggi freschi, a eccezione del contenuto di sale, che risulta essere più elevato.
Formaggi come la mozzarella, la crescenza, la scamorza e lo stracchino presentano percentuali di grassi che si aggirano intorno al 20-25% per ogni 100 g di prodotto, il che significa che contengono circa 20-25 g di grassi. Valori nutrizionali simili si possono osservare anche nei formaggi spalmabili.
La robiola, che generalmente è ritenuta come magra, invece ha una percentuale di grassi ancora più alta, che può arrivare anche intorno al 30%.
Quanto formaggio si può mangiare a settimana?
Per la maggior parte delle persone, il formaggio rappresenta spesso una soluzione rapida e comoda per la pausa pranzo o a cena. Il formaggio è un'importante fonte nutrizionale diproteine, calcio e vitamina D, ma contiene anche grassi saturi, sale (sodio) e colesterolo, che, se assunti in quantitativi eccessivi, possono essere dannosi per la salute cardiovascolare.
Per queste sue caratteristiche, il formaggio non dovrebbe mai essere utilizzato, come spesso accade, come un'aggiunta ai pasti o come un alimento da spiluccare in attesa di mangiare o alla fine del pasto, ma bisogna considerarlo come una vera e propria alternativa alle altre fonti di proteine (carne, pesce, uova, legumi e salumi). Il suo consumo dovrebbe essere controllato, e limitato a non più di un paio di volte alla settimana. Nel caso venisse consumato insieme a una delle altre famiglie di alimenti che rappresentano delle fonti di proteine, allora bisognerebbe bilanciarne in maniera adeguata i quantitativi consumati.
In alternativa, può anche essere sfruttato e incluso nella preparazione di piatti unici, come condimento per piatti a base di cereali come pasta, riso, orzo e farro (ad esempio pasta con ricotta e pomodorini o insalata di farro con la feta).