Sono molte le competenze necessarie per praticare una professione di relazione con l'altrui persona nel rincorrere un obiettivo condiviso di cura
Partiamo, per andare a sviscerare nella maniera più completa e opportuna questo argomento, dalla definizione più recente, del 2023, della World Physiotherapy(Associazione mondiale di fisioterapia). Questa nella sua Policy of statement si pone l’obiettivo di definire lo Scopo di pratica della professione e di aggiornarlo annualmente in funzione degli sviluppi e delle evidenze più recenti, consapevole che centrale in tutto questo è sempre e soltanto il benessere dell’individuo/paziente che usufruisce del servizio di fisioterapia.“La fisioterapia prevede la interazione fra fisioterapista, paziente, altre figure professionali dell’ambito sanitario, familiari, care-giver e la comunità intera che gravita intorno al paziente in un processo dove il movimento potenziale è valutato ed a partire da questo vengono definiti degli obiettivi condivisi di cura.Il fisioterapista è tenuto ad identificare e massimizzare la qualità di vita ed il potenziale di movimento all’interno delle sfere della promozione, prevenzione (che sarebbe meglio indicare come “riduzione del rischio”), trattamento e riabilitazione. Queste sfere prevedono il perseguire un benessere che è sì fisico ma è anche psicologico, emotivo e sociale”.Da questa definizione forse usciamo più con delle domande che con delle soluzioni rispetto al quesito che ci siamo posti.Infatti è indicato nella definizione di prima il movimento, è indicata la relazione con il paziente e con il suo contesto di vita, è indicato il benessere psicologico, emotivo e sociale ed sono stati anche indicati gli obiettivi condivisi di cura.Nascono da questa definizione delle ambiguità che non sono neanche perfettamente chiare e risolte neanche per chi pratica la professione, in alcuni casi.Se dovessimo dare questa definizione in pasto ad una persona priva di informazioni a riguardo probabilmente non saprebbe se fisioterapista a questo punto è un termine intercambiabile con personal trainer o coach, se è invece un termine sovrapponibile a medico, sovrapponibile a psicologo, sovrapponibile a pedagogo.Questo perché in realtà, tralasciando quella che è l’autonomia che si accompagna alla pratica nell’ambito professionale, il fisioterapista lo potremmo intendere come un nuotatore che si destreggia, per mezzo delle sue competenze e delle sue capacità relazionali, in un percorso d’acqua fra le varie isolette rappresentate da quelle che sono le figure professionali viste prima e tante altre ancora.Si trova quindi a navigare in un corso d’acqua condizionato da più correnti nelle quali destreggiarsi per andare da un punto di partenza ad un punto di arrivo che delineano il percorso(percorso che nasce dalla relazione terapeutica fra fisioterapista e paziente e centrato sugli obiettivi e i valori di quest’ultimo).Sono molte quindi le competenze necessarie per praticare una professione di relazione con l’altrui persona nel rincorrere un obiettivo condiviso di cura. Il tutto si complica quando si pensa che al di là di quella che sono le difficoltà e le conoscenze necessarie a praticare la professione c’è tutto un mondo di relazione fra quella che è quella specifica difficoltà del singolo e quelle che sono le conseguenze che derivano dall’incontro fra il soggetto con la sua condizione e il suo contesto sociale e psicofisico.Una stessa diagnosi si accompagna a profili di funzionamento, attività e livelli di partecipazione che sono estremamente variabili in funzione sia di quello che è il contesto ambientale di riferimento e azione ma anche quelli che sono i fattori personali e soggettivi.Si pensi ad un soggetto con artrosi di ginocchio che presenta rigidità e dolore ed ha delle difficoltà alla deambulazione, a compiere le banali attività casalinghe e che contestualmente soffre di ansia per le sue emergenti incapacità che continuano a condizionare la vita del soggetto e che non riesce a colmare in alcun modo in quanto non supportato socialmente da un contesto familiare e/o amicale. Ancora pensiamo ad un altro soggetto che presenta sempre diagnosi di artrosi di ginocchio con rigidità articolare e dolore ma che contestualmente si trova nella possibilità di vivere il contesto sociale in cui è immerso, capace di praticare la sua attività sportiva e anche di vivere una stabilità emotiva e psicologica, in quanto si sente appagato del supporto familiare ed amicale di cui dispone. Ovviamente nei due casi, nonostante la medesima diagnosi medica, possiamo immaginare che ci siano delle peculiarità sotto un profilo biologico-meccanico, psicologico e sociale da contestualizzare e che renderanno gli obiettivi terapeutici, così come la relazione di cura, orientati su fronti differenti.In linea del tutto generale lo scopo di pratica del fisioterapista deve essere orientato al reinserimento del soggetto, in seguito ad un infortunio o ad una diagnosi medica, nel contesto da cui proveniva per quello che attiene le sue capacità funzionali, il suo profilo psicologico e sociale portando questi allo stesso livello di quello di cui disponeva prima dell’infortunio o delle diagnosi medica stessa.Dott. Umberto Luca MarchicaFisioterapista
Partiamo, per andare a sviscerare nella maniera più completa e opportuna questo argomento, dalla definizione più recente, del 2023, della World Physiotherapy(Associazione mondiale di fisioterapia).
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Questa nella sua Policy of statement si pone l'obiettivo di definire lo Scopo di pratica della professione e di aggiornarlo annualmente in funzione degli sviluppi e delle evidenze più recenti, consapevole che centrale in tutto questo è sempre e soltanto il benessere dell'individuo/paziente che usufruisce del servizio di fisioterapia.
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"La fisioterapia prevede la interazione fra fisioterapista, paziente, altre figure professionali dell'ambito sanitario, familiari, care-giver e la comunità intera che gravita intorno al paziente in un processo dove il movimento potenziale è valutato ed a partire da questo vengono definiti degli obiettivi condivisi di cura.
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Il fisioterapista è tenuto ad identificare e massimizzare la qualità di vita ed il potenziale di movimento all'interno delle sfere della promozione, prevenzione (che sarebbe meglio indicare come "riduzione del rischio"), trattamento e riabilitazione. Queste sfere prevedono il perseguire un benessere che è sì fisico ma è anche psicologico, emotivo e sociale".
Da questa definizione forse usciamo più con delle domande che con delle soluzioni rispetto al quesito che ci siamo posti.
Infatti è indicato nella definizione di prima il movimento, è indicata la relazione con il paziente e con il suo contesto di vita, è indicato il benessere psicologico, emotivo e sociale ed sono stati anche indicati gli obiettivi condivisi di cura.
Nascono da questa definizione delle ambiguità che non sono neanche perfettamente chiare e risolte neanche per chi pratica la professione, in alcuni casi.
Se dovessimo dare questa definizione in pasto ad una persona priva di informazioni a riguardo probabilmente non saprebbe se fisioterapista a questo punto è un termine intercambiabile con personal trainer o coach, se è invece un termine sovrapponibile a medico, sovrapponibile a psicologo, sovrapponibile a pedagogo.
Questo perché in realtà, tralasciando quella che è l'autonomia che si accompagna alla pratica nell'ambito professionale, il fisioterapista lo potremmo intendere come un nuotatore che si destreggia, per mezzo delle sue competenze e delle sue capacità relazionali, in un percorso d'acqua fra le varie isolette rappresentate da quelle che sono le figure professionali viste prima e tante altre ancora.
Si trova quindi a navigare in un corso d'acqua condizionato da più correnti nelle quali destreggiarsi per andare da un punto di partenza ad un punto di arrivo che delineano il percorso(percorso che nasce dalla relazione terapeutica fra fisioterapista e paziente e centrato sugli obiettivi e i valori di quest'ultimo).
Sono molte quindi le competenze necessarie per praticare una professione di relazione con l'altrui persona nel rincorrere un obiettivo condiviso di cura.
Il tutto si complica quando si pensa che al di là di quella che sono le difficoltà e le conoscenze necessarie a praticare la professione c'è tutto un mondo di relazione fra quella che è quella specifica difficoltà del singolo e quelle che sono le conseguenze che derivano dall'incontro fra il soggetto con la sua condizione e il suo contesto sociale e psicofisico.