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Come (e quanto) abbassare il colesterolo LDL, il «killer silenzioso» responsabile di infarti e ictus

Salute e benessere

Come (e quanto) abbassare il colesterolo LDL, il «killer silenzioso» responsabile di infarti e ictus

Dallo stile di vita agli integratori, fino ai farmaci più nuovi, le tante strategie possibili per abbassare il colesterolo al di sotto della soglia di pericolo. Che non è uguale per tutti

Redazione

15 Novembre 2024 19:00

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Non si vede e non si sente, ma può fare tanti danni: il colesterolo LDL viene chiamato il ‘killer silenzioso' perché è ormai riconosciuto come causa diretta di arteriosclerosi e quindi di problemi cardiovascolari come l'infarto e l'ictus. Così il livello di colesterolo è, con pressione e glicemia, uno dei ‘numeri' che chiunque dovrebbe conoscere per avere un'idea del proprio rischio cardiovascolare: ne hanno parlato a Il Tempo della Salute Pasquale Perrone Filardi, presidente Società Italiana di Cardiologia, Fabrizio Oliva, presidente dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, e Vincenzo Contursi, presidente della Società Italiana Cure Primarie, sottolineando prima di tutto che le soglie di sicurezza sono diverse per ciascuno, in base a vari criteri.

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e in passato infatti i ‘numeri' giusti erano più o meno gli stessi per tutti oggi si è capito che fattori come l'età, la familiarità per malattie cardiovascolari, il sesso (almeno fino alla menopausa) e la presenza di altri fattori di rischio, come l'ipertensione o il diabete, concorrono a determinare la soglia da non oltrepassare per ciascuno. Come ha spiegato Oliva «Ognuno dovrebbe conoscere il proprio livello di colesterolo LDL, fin da giovane; poi, in base agli altri elementi di rischio presenti, l'obiettivo a cui tendere può essere restare al di sotto di 100 mg/dl, se non ci sono elementi che aumentano la probabilità di eventi cardiovascolari, ma può dover scendere anche al di sotto di 50 mg/dl, se il pericolo è elevato. E bisogna intervenire presto, se si è oltre il livello di guardia: quando il colesterolo rimane alto per tanto tempo, fa danni».

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L'obiettivo sarebbe la prevenzione ‘primordiale', come ha aggiunto Perrone Filardi: «Si tratta di una prevenzione perfino precedente a quella primaria, che è mirata a chi non ha avuto un evento cardiovascolare: è una prevenzione con l'obiettivo di evitare la comparsa dei fattori di rischio che peggiorano il profilo di pericolo, che punta a non far sviluppare la pressione alta o il diabete, a non diventare obesi. Per riuscirci occorre un'educazione alla salute fin da giovanissimi, sarebbe questa la vera prevenzione». E'quella che si mette in pratica con lo stile di vita sano, fatto di dieta equilibrata e movimento regolare, su persone in salute che dovrebbero restarlo grazie alle buone abitudini. Purtroppo le persone sane o che si ritengono tali, per esempio perché non hanno avuto mai eventi cardiovascolari o non si sono mai controllate i valori di pressione o glicemia, o perché hanno il colesterolo non troppo elevato ma comunque oltre i limiti, «Possono essere più complicate da intercettare e gestire», come aggiunge Contursi. «In chi ha un rischio basso e in colesterolo LDL non troppo alto possono essere d'aiuto i nutraceutici, che però devono essere sempre prescritti dal medico: proprio perché funzionano è importante usarli bene, ma è altrettanto essenziale che ci sia un medico a monitorare la terapia, per intervenire in maniera più incisiva con i farmaci se gli integratori non sono più sufficienti a tenere il colesterolo entro la soglia adeguata per quella persona». Le possibilità per arrivare all'obiettivo ci sono, come hanno sottolineato tutti gli esperti: dalle statine, che possono ridurre i livelli di colesterolo fino al 55 per cento, ai farmaci iniettivi più nuovi che possono abbassarlo anche dell'85 per cento, sono molte le opzioni per evitare che il ‘killer silenzioso' colpisca. L'essenziale è conoscere il proprio rischio cardiovascolare e i valori di colesterolo, senza però misurarlo una volta al mese, come conclude Contursi: «In adulti sani e a basso rischio può bastare un test ogni tre o cinque anni, in chi non è più giovane o ha un rischio cardiovascolare più alto gli esami devono essere più frequenti, in chi è in terapia serve un controllo annuale».

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