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Cardiobesità, oltre metà delle malattie del cuore legate ai chili di troppo

Salute e benessere

Cardiobesità, oltre metà delle malattie del cuore legate ai chili di troppo

Cardiologi, l'indice di 'rotondità' può prevedere il rischio

Redazione

14 Dicembre 2024 16:00

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Perdere peso per proteggere il cuore.
Oltre la metà delle malattie cardiache dipende infatti dai chili di troppo e per ogni 2 anni in più vissuti con peso extra, il rischio è più alto del 7%. A puntare il faro sull'impatto dei chili in eccesso rispetto allo stato di salute generale, e del cuore in particolare, sono i cardiologi: salute del cuore e peso, avvertono, sono tanto strettamente correlati che tale condizione può essere definita con il termine unico di cardiobesità. Dal loro 85/mo congresso nazionale, gli esperti della Società Italiana di Cardiologia (Sic) lanciano dunque una nuova parola d'ordine: 'Dare peso al peso'.

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Ma ancora più della bilancia, spiegano gli esperti, conta il grasso viscerale, che è possibile misurare con l''indice di rotondità', dato dal rapporto tra misura del girovita e altezza, e che potrebbe essere un fattore predittivo del rischio cardiovascolare. Non solo infarto e ictus, ma anche scompenso cardiaco e fibrillazione atriale dipendono direttamente dai chili di troppo che affliggono 4 italiani su 10 obesi o in sovrappeso. I soggetti obesi presentano un rischio di fibrillazione atriale di quasi il 50% più alto rispetto agli individui normopeso, del 64% di andare incontro a infarto e ictus e del 30% di sviluppare scompenso cardiaco. Un quadro complessivo allarmante che ha spinto la Società Europea di Cardiologia a collocare l'Italia, nel recente documento di consenso sulla prevenzione cardiovascolare, tra i Paesi a rischio intermedio, con il 33% degli italiani in sovrappeso e il 12%, circa 6 milioni, obesi.

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"Va condannato il body shaming ma non va 'normalizzata' l'obesità perché è una malattia cronica che causa l'insorgenza di oltre la metà delle malattie cardiache - dichiara Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic -. L'eccesso adiposo, infatti, non solo potenzia i fattori di rischio tradizionali come pressione alta, colesterolo, trigliceridi e diabete di tipo 2, ma comporta anche un incremento dell'infiammazione generale e del grasso viscerale con l'irrigidimento delle arterie (aterosclerosi) che possono aumentare il rischio di coaguli di sangue e causare ictus". Anche la durata dell'obesità pesa sul cuore, "proprio a causa della progressiva calcificazione coronarica, e convivere con i chili in eccesso per decenni, ma anche solo per qualche anno, può fare la differenza per la salute di arterie e coronarie", afferma Ciro Indolfi, past president Sic. È importante tuttavia sottolineare che basta un calo di peso di 1 kg su 10 per ridurre del 21% il rischio di eventi cardiovascolari maggiori nei successivi 10 anni, precisa Francesco Barilla, presidente della Fondazione Cuore siamo Noi della Sic. "Si tratta di un obiettivo realistico che può rientrare tra i buoni propositi per il nuovo anno", aggiunge.

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Altro indicatore cruciale è anche l'indice di rotondità (Bri), in grado di prevedere il rischio cardiovascolare come dimostra uno studio condotto dal Centre for Diseases, Control and Prevention dell'Università di Nanchino su 10.000 persone. Dall'analisi è emerso che, rispetto al gruppo con livelli di Bri bassi, il rischio di malattie cardiovascolari con livello di Bri moderato aumenta del 22% e sale addirittura al 55% nei gruppi con livello di Bri alto. Un grande aiuto arriva però dai nuovi farmaci anti-obesità, che proteggono anche il cuore. Nuove classi di farmaci si sono infatti rivelate, o si potrebbero rivelare, molto efficaci non solo sulla perdita di peso, ma anche sulla riduzione dell'incidenza di infarto ictus e dei fattori di rischio cardiovascolari.

Tra questi è da poco disponibile in Italia Tirzepatide, recentemente autorizzato da Aifa contro l'obesità associata a diabete di tipo due: lo studio Surmount, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha evidenziato una riduzione del rischio di diabete 2 fino al 94% e una perdita di peso fino al 23% mantenuta nei tre anni di trattamento. Questi dati, conclude Perrone Filardi, "aprono una nuova prospettiva perché non solo convalidano l'efficacia del farmaco sul controllo della glicemia, la perdita di peso ed il suo mantenimento a lungo termine, ma potranno rivelarsi dirompenti con benefici anche nella prevenzione delle complicanze cardiovascolari".  (Ansa)

   

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