Sanità Sicilia
Caltanissetta. Osteoporosi, ne parliamo con lo specialista Gabriele Gariffo
Gabriele Gariffo, chirurgo ortopedico nel trauma center dell'ospedale S.Elia di Caltanissetta, è nell'équipe di Massimo Siracusa
L'osteoporosi è una malattia molto comune sia nel mondo che in Italia dove, oltre i 50 anni d'età, interessa una femmina ogni tre e un maschio ogni otto. Vogliamo approfondire l'argomento, con una serie di interviste, con lo specialista Gabriele Gariffo, chirurgo ortopedico nel trauma center dell'ospedale S.Elia di Caltanissetta, che fa parte dell'équipe di Massimo Siracusa.
Il 34enne, che ha il titolo di Bone specialist ovvero "medico esperto nella gestione del paziente con malattie del metabolismo minerale e osseo", dirige l'ambulatorio dedicato alla osteoporosi e alle fratture da fragilità del nosocomio nisseno.
Osteoporosi, cosa si intende usando questo termine? Quali sintomi consentono una diagnosi precoce?
<<L'osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea ma anche da un deterioramento della microarchitettura dell'osso, che lo rendono più fragile e suscettibile a fratture, le cosiddette "fratture da fragilità". Si tratta di fratture che coinvolgono gli over 65, che interessano soprattutto il femore e la colonna, e che avvengono spontaneamente o in conseguenza a traumi minimi, come una caduta dalla propria altezza, ad esempio in piedi in stazione eretta, o per un colpo di tosse. La particolarità dell'osteoporosi è quindi la sua natura silenziosa: non presenta sintomi, in pratica, fino alla comparsa di una frattura>>.
Quali sono le dimensioni del problema? Parliamo anche di epidemiologia.
<<E' una vera una emergenza sanitaria. In Italia colpisce una donna su tre sopra i 50 anni.
Le fratture da fragilità, tra cui quelle femorali e vertebrali rappresentano la complicanza più grave e disabilitante e sono circa 500.000 all'anno. La frattura di femore ad esempio, anche se adeguatamente trattata chirurgicamente, ha una mortalità che può raggiungere il 20% entro il primo anno e con un alto tasso di disabilità residua, in quanto fino al 40% dei pazienti non recupera l'autonomia precedente e circa il 10% avrà bisogno di un'assistenza continuativa.
Per la nostra sanità il costo è immenso. Solo in Italia il costo delle fratture da fragilità è di circa 10 miliardi di euro all'anno e si stima che possa esserci un significativo aumento del 25% entro il 2030 a causa dell'invecchiamento della popolazione.
Pertanto le fratture da fragilità non sono solo un evento acuto isolato, ma il segnale inequivocabile di un'osteoporosi non trattata. La prevenzione è fondamentale, stiamo parlando di 125.000 morti all'anno in Italia>>.
Come si effettua la diagnosi?
<<La diagnosi di osteoporosi si basa sicuramente su un approccio combinato.
Ci sono esami strumentali come la densitometria ossea (DEXA) che è il gold standard e misura la densità minerale ossea in aree critiche come femore e colonna vertebrale. Valori di T-score inferiori a -2.5 indicano osteoporosi. Esistono anche tecniche innovative, anche se ancora poco integrate nella pratica quotidiana, come i REMS, una metodica ecografica che non utilizza radiazioni ma si basa sull'analisi delle onde ultrasoniche riflesse dall'osso che permetterebbe di effettuare screening esenti da radiazioni anche se a basse dosi, potenzialmente anche al letto del paziente quando allettato o ricoverato o in contesti dove la DEXA non è prontamente disponibile.
Come ho prima accennato i cambiamenti non riguardano solo la mineralizzazione ma anche la microarchitettura ossea, soprattutto quella trabecolare, e questo ci spiega come mai le vertebre siano una sede tipica di fratture. Ricordiamoci che i due terzi di fratture vertebrali da fragilità sono misconosciute. Pertanto in presenza di sintomatologia tipica in soggetti a rischio è fondamentale anche la radiologia convenzionale della colonna e tecniche semiquantitative come la morfometria vertebrale secondo genant.
Naturalmente è essenziale approcciare anche una diagnostica laboratoristica valutando i livelli di vitamina D, calcio, paratormone e markers del metabolismo osseo per identificare eventuali carenze, cause secondarie o condizioni associate, come ad esempio l'osteomalacia, caratterizzata da un difetto di mineralizzazione ossea causato spesso da carenza cronica di vitamina D.
Ci sono infine degli strumenti che ci permettono una valutazione integrata dei fattori di rischio del singolo paziente che possono essere molteplici come l'abitudine al fumo, l'utilizzo di alcuni farmaci o cortisonici etc; l'algoritmo DeFRA ad esempio, sviluppato dall'Università di Verona, è disponibile gratuitamente online e si allinea alle linee guida dell'ISS perché consente appunto una gestione uniforme del rischio di frattura stratificando il livello di rischio dei pazienti, che possono quindi essere indirizzati allo specialista di riferimento o seguiti nel loro follow-up dal MMG>>.
Parliamo adesso della gestione degli MMG e del ruolo del chirurgo ortopedico
<<La gestione dell'osteoporosi richiede a mio avviso un approccio organizzato e multidisciplinare.
I MMG sono il primo punto di contatto e credo siano davvero fondamentali. È importante identificare i soggetti a rischio prioritarizzando in questi ultimi la prescrizione della DEXA; sinceramente ritengo che sarebbe particolarmente utile effettuare la Dexa a tutte le donne al momento della menopausa perché questo ci consentirebbe di intercettare subito le pazienti con bassa BMD ed intervenire precocemente nei primi 5 anni, con il raggiungimento della migliore terapia cost-effective e prevendendo le alterazioni della microarchitettura di cui parlavo prima. Un po' come avviene per la prevenzione del k mammario tramite mammografia o della ricerca del sangue occulto nelle feci per il tumore del colon. La prevenzione primaria deve inoltre includere un piano alimentare anche semplice per integrare il calcio con l'alimentazione, la supplementazione di vitamina D e la promozione dell'attività fisica.
Lo specialista che si occupa di metabolismo osseo d'altra parte, sia esso internista, reumatologo etc ha un ruolo importante soprattutto nelle osteoporosi secondarie, in quelle severe o nella gestione del paziente che purtroppo ha già manifestato le fratture da fragilità. In questo senso trovo affascinante ribadire come anche per noi chirurghi ortopedici l'osso sia un tessuto vivo, con un delicato equilibrio di popolazioni cellulari al proprio interno. Diciamo che nel 2024 l'ortopedico 2.0 non è più solo un "falegname" che ripara le fratture, ma uno specialista che conosce il metabolismo osseo e prende in carico il paziente fratturato a 360°. Dopo una frattura da fragilità, è essenziale impostare una terapia antiriassorbitiva tempestiva entro 3-6 mesi, secondo la letteratura, perché il rischio di rifrattura è massimo nei primi due anni. Al momento, solo il 20% dei pazienti fratturati inizia una adeguata terapia e se lo fa gli viene prescritta assolutamente in ritardo, il che fa veramente riflettere. Così come nessuno si sognerebbe di non prescrivere l'antiaggregante ad un infartuato lo stesso dobbiamo fare con la terapia post fratturativa. Sotto questo punto di vista sarebbe necessario disporre di ambulatori dedicati e percorsi come gli FLS>>.
Cosa sono questi FLS?
<<Sono dei percorsi dedicati che, dopo un intervento chirurgico ortopedico, indirizzano il paziente verso un follow-up con team multidisciplinare formato da ortopedico, reumatologo, fisiatra e altri specialisti per avviare una adeguata terapia riabilitativa e farmacologica, monitorando i pazienti per ottimizzarne anche l'aderenza alla terapia stessa. Sono nati nei paesi scandinavi agli inizi degli anni 2000 e in Italia sono ancora poco diffusi. Io ho avuto la fortuna di lavorare in uno dei pochi centri accreditati FLS in Italia ovvero a Pisa con la dottoressa Bottai e il dottore Mazzantini che hanno avuto un ruolo veramente fondamentale nella mia formazione. Nel trauma center in cui lavoro attualmente abbiamo deciso con il dottore Siracusa di creare un ambulatorio dedicato all'osteoporosi e alle fratture da fragilità con l'idea di implementare in futuro la collaborazione di altri specialisti. Questo approccio multidisciplinare integrato, fare rete tra noi medici, davvero rappresenta un modello di eccellenza che riduce significativamente il rischio di rifratture per i nostri pazienti>>.
La ringrazio dott. Gariffo e le do appuntamento al prossimo approfondimento.
<<Grazie a lei>>.