La materia medica possiede in se’ degli stereotipi, costruiti nel tempo, che non rispecchiano la realtà, la sua storia, l’autentico significato. Siamo tutti d’accordo nel pensarla come la materia utile alla cura, eppure, ci si perde erroneamente in anfratti assai estranei e sterili, non guardando oltre. La medicina nasce da un concetto più profondo, nasce come “Arte Medica” e si rivolge all’altro esprimendo il concetto del “prendersi cura” per approdare alla terapia, dunque alla cura globale della malattia ma soprattutto della sfera personale e intima di chi la abita. L’etimologia della parola “arte”, infatti, significa “andare verso”, dunque è affascinante pensare che il medico possa e debba muoversi nella direzione della Persona ammalata, entrando in connessione, ponendosi in una dimensione dialogica a tutto tondo.
La Parola, dunque, assume un significato prepotente durante l’atto della cura e del prendersi cura. La possibilità dialogica, però, non sempre risulta semplice, di facile accesso o riesce a colmare e antagonizzare il sentimento della paura o l’emozione della rabbia o della tristezza rispetto alla rappresentazione di un SE’ malato. Utilizzare tutti gli strumenti di comunicazione possibili per entrare in empatia con la Persona sofferente, impone uno sforzo e un’attenzione che poco hanno da spartire con i tempi tecnici, le pubblicazioni scientifiche o il semplicistico nesso causale tra sintomo - malattia e successiva proposta terapeutica. Durante il processo di cura infatti, il medico, riesce a sfiorare tutte le sfere che connotano un individuo, nel caso specifico la Persona/paziente che ha di fronte. Non ci si può limitare ad una visita, una diagnosi e una terapia, poiché tra le pause di questi passaggi esiste l’IO. Un IO spesso rotto dal dolore, colmo di sensi di colpa, rassegnato o arrabbiato, un IO perso e frammentato, un IO che ha bisogno di capire e contemporaneamente essere accolto, ascoltato e accudito.
Le parole, la scrittura, la personalizzazione della medicina, la medicina di genere, l’osservazione della prossemica, l’ascolto della storia, il tempo di attesa, l’indagine sullo stato emotivo, rappresentano, oggi, tessere salienti per ricostruire e riparare e non solo per guarire. La malattia oncologica in questo processo, ad esempio, rappresenta uno tra gli ambiti più adeguato, poiché incide pesantemente sul vissuto di chi attraversa tale ostile percorso di diagnosi e di cura. Il paziente cronico, infatti, anche non oncologico, è costretto a riadattare ogni aspetto della sua vita, sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista relazionale e sociale, in un trambusto emotivo inimmaginabile, ed è spesso preda di uno “scollamento” dalla realtà che lo rende ancora pi...
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