Una recente pubblicazione internazionale mette in luce una innovativa ricerca scientifica frutto del lavoro di Neurologia presso l’università degli studi di Roma Tor Vergata. I dati del laboratorio di neurofisiologia clinica, diretto dal professor Alessandro Stefani, si sono tradotti in una serie di lavori significativi per la conoscenza della malattia di Parkinson, l'ultimo dei quali, è stato infatti pubblicato nell’ultimo numero della rivista Movement Disorders con il titolo “Cortical functional connectivity changes in the body-first and brain-first subtypes of Parkinson’s disease” (https://movementdisorders.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/mds.30071), in collaborazione con il centro di Neuroscienze dell’università di Padova (prof. Angelo Antonini e dott. Andrea Guerra).
Lo studio conferma un aspetto importante: non tutti i pazienti affetti da malattia di Parkinson sono uguali. Alcune caratteristiche individuali, come la presenza o meno di gravi disturbi del sonno, corrispondono a differenti attività cerebrali. Inoltre, queste differenze possono essere rilevate in largo anticipo grazie a tecniche avanzate come quelle utilizzate dal team del professor Stefani, associato di Neurologia presso il dipartimento di Medicina dei sistemi, che ha commentato a riguardo: “Le nostre registrazioni non invasive ci dicono che il cambiamento di quelle connessioni cerebrali è in relazione al danno, permettendoci di distinguere un malato da un sano sin dalle primissime fasi di malattia. Un esame clinico così veloce sarà molto utile per fare test affidabili con terapie nuove e, si spera, protettive. Inoltre, questo lavoro sa riconoscere come malati in apparenza simili invece nascondano indizi di deficit cognitivo o psicologico differenti. In pratica, possiamo ipotizzare, con segnali elettrici, il tragitto, il decorso stesso della patologia; e quasi immaginare se sarà benigna o accelerata”.
Il gruppo di ricerca, guidato dal dottor Matteo Conti, ha adottato un approccio all’avanguardia basato sull’Elettroencefalogramma (Eeg), un metodo classico largamente utilizzato in clinica, ma potenziato dall’impiego di un elevato numero di elettrodi (Eeg ad alta densità). Questo sistema consente di analizzare la comunicazione tra diverse aree del cervello, ad esempio quelle deputate alla gestione delle emozioni e quelle responsabili della coordinazione e velocità del movimento. Si tratta di una procedura non invasiva e di breve durata, che consente di ricostruire l’attività delle singole aree cerebrali, anche grazie all’ausilio dei dati delle risonanze magnetiche individuali. Il risultato è una sorta di mappa dettagliata delle connessioni cerebrali, ricca di informazioni preziose, potenzialmente utili per orientare terapie innovative o per formulare ipotesi sulla prognosi.
Il Parkins...
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