«L’ultimo l’ho firmato due giorni fa», si duole Domenico Crisarà, presidente dell’Ordine dei medici di Padova. Si riferisce ai certificati «di buona condotta» (termine improprio ma che rende l’idea) con il quale un professionista può richiedere al ministero della Salute il good standing, cioè la carta di onorabilità professionale per andare all’estero.
Crisarà di moduli così ne rilascia tre o quattro a settimana e ogni volta prova una fitta nell’assistere impotente all’emorragia di giovani colleghi che lasciano l’Italia dopo la laurea o la specializzazione. Un fenomeno in rapido aumento.
I numeri dell’esodo
Lo ha fotografato andando a spulciare i numeri Antonio Magi, presidente del maggiore ordine dei medici d’Europa, quello di Roma, 145 mila iscritti. «Nei primi tre mesi dell’anno i nostri sportelli hanno rilasciato la documentazione di via a 500 richiedenti. Per il 90% giovani tra i 35 e i 40 anni. Se va avanti così nel 2024 ne perderemo quasi 20 mila a livello nazionale».
Annuisce Filippo Anelli, il presidente della federazione nazionale che riunisce tutti gli ordini provinciali, la Fnomceo, in rappresentanza di oltre 428 mila iscritti agli albi, 102 mila dei quali dirigenti di Asl e aziende ospedaliere: «Spererei che queste previsioni fossero errate. Purtroppo è la realtà. Ormai i giovani medici non protestano più. Se ne vanno e chiudono. Serve un intervento straordinario sulla professione, altro che lavorare sulle liste di attesa. Meglio intervenire sulla causa anziché correre ai ripari con misure tampone».
Le mete
Perché, è il ragionamento di Anelli, se le condizioni di lavoro fossero migliori non ci sarebbe bisogno di lasciare i reparti ospedalieri: Israele, Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito, Svizzera, Belgio, Svezia, Canada e Irlanda le dieci nazioni in cima alla lista delle mete preferite ...