È stato svolto con successo dall’équipe di Urologia dell’ospedale San Bortolo un raro e complesso intervento di chirurgia robotica per la rimozione di una massa tumorale che era stata individuata nell’addome, aderente alla aorta, alla vena cava e alle vene renali. L’intervento, durato circa 3 ore, è stato eseguito su un giovane paziente vicentino al quale era stato diagnosticato un tumore al testicolo.
«La procedura di asportazione del testicolo in sé è relativamente semplice – spiega il dott. Giuseppe Abatangelo, Direttore facente funzione dell’Urologia del San Bortolo -, ma in questi casi vi è un elevato rischio di metastasi ai linfonodi retroperitoneali, situati nella parte più profonda dell’addome vicino ai grandi vasi sanguigni. Per questo motivo dopo l’intervento generalmente si procede con un trattamento tramite chemioterapia che nella maggior parte dei casi è risolutivo, ma quando non è così occorre intervenire per rimuovere la zona potenzialmente interessata dalle cellule tumorali residue. In questi casi si tratta di un intervento delicato, proprio per la posizione della massa che deve essere asportata».
E qui emergono i vantaggi della laparoscopia robot assistita: «La massa era di fatto attaccata alla aorta e vicinissima alla vena cava e alle vene renali – spiega il dott. Abatangelo – pertanto era necessaria un’estrema precisione nei movimenti. Il robot chirurgico ci consente appunto questa accuratezza superiore, ma anche una visione migliore perché la telecamera può arrivare dove l’occhio del chirurgo, nella tradizionale chirurgia open, non può vedere, ad esempio inquadrando l’area di intervento dal basso verso l’alto. Tanto più che trattandosi una neoplasia già trattata mediante chemioterapia, i piani operatori non erano perfettamente chiari».
Un intervento complesso raro reso possibile dalla grande esperienza dell’Urologia del San Bortolo nell’utilizzo della chirurgia robotica: ogni anno vengono eseguiti circa 150 interventi per la rimozione di tumori del rene, della prostata e della vescica, ma anche casi più particolari e complessi, per la posizione della massa da asportare – come nel caso descritto – o per le sue dimensioni. «L’intervento era comunque un rischio e la decisione di intervenire è stata presa d’accordo con il paziente – spiega ancora il dott. Abatangelo -. Vi era l’alternativa di non procedere, con l’obbligo però per il paziente di sottoporsi a controlli periodici, ma data anche l’età molto giovane del paziente vivere per il resto della vita con il rischio di una recidiva, la necessit&ag...
Leggi l'articolo completo su QuotidianoBenessere.it