Salute e benessere
Alzheimer, l'Ema raccomanda il farmaco Lecanemab solo per una categoria di pazienti
Il monoclonale, un un primo momento bocciato, è indicato solo per una sotto categoria di pazienti per limitare il rischio di effetti collaterali gravi
Il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) dell'Agenzia Europea per il Farmaco (Ema) ha raccomandato di concedere un'autorizzazione all'immissione in commercio di lecanemab (nome commerciale Leqembi), farmaco monoclonale anti Alzheimer che prende di mira l'amiloide, una proteina che si accumula nel cervello formando le tipiche placche, segno distintivo della malattia neurodegenerativa. Il farmaco è raccomandato per il trattamento del deterioramento cognitivo lieve (problemi di memoria e pensiero) o della demenza lieve dovuta alla malattia di Alzheimer (malattia di Alzheimer in fase precoce) in pazienti che hanno solo una o nessuna copia di ApoE4, una certa forma del gene per la proteina apolipoproteina. Lecanemab va somministrato tramite infusione endovenosa ogni due settimane.
La prima bocciatura
In un primo momento, il 24 luglio scorso, l'Ema aveva bocciato il farmaco ritenendo che l'effetto osservato sul ritardo del declino cognitivo non controbilanciasse il rischio di eventi collaterali gravi, in particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide, che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello (ARIA) dei pazienti che hanno ricevuto il farmaco. Il riesame ha dunque concluso che i benefici superano i rischi in una popolazione di pazienti limitata.
Gli effetti collaterali: i dati
L'azione di Leqembi è associata al rischio di anomalie di imaging correlate all'amiloide (ARIA), un effetto collaterale potenzialmente grave che causa edema (ARIA-E) o emorragie cerebrali (ARIA-H). I pazienti con due copie del gene ApoE4, noto per aumentare la suscettibilità all'Alzheimer, sono particolarmente a rischio di sviluppare ARIA durante il trattamento con Leqembi. L'analisi ha dimostrato che i pazienti con una o nessuna copia di ApoE4 presentano un rischio inferiore di ARIA: l'8,9% ha manifestato ARIA-E e il 12,9% ARIA-H, rispetto a percentuali più alte nella popolazione generale.
Le misure per ridurre il rischio di ARIA
Il Chmp di Ema ha concluso che, nella popolazione ristretta esaminata durante la riesamina, i benefici di lecanemab nel rallentare la progressione dei sintomi della malattia sono maggiori dei rischi, a condizione che siano implementate misure per ridurre il rischio di ARIA grave e sintomatica e che ne vengano monitorate le conseguenze a lungo termine. I pazienti dovranno effettuare risonanze magnetiche per monitorare la presenza di ARIA prima dell'inizio del trattamento e prima della 5, 7 e 14 dose del farmaco. Inoltre, l'azienda produttrice del farmaco istituirà uno studio di registro a livello europeo con pazienti trattati con Leqembi per stimare l'incidenza degli effetti collaterali, inclusa l'ARIA, e determinarne la gravità.
Cosa succede adesso
L'opinione sarà ora inviata alla Commissione europea per l'adozione di una decisione sull'autorizzazione all'immissione in commercio a livello europeo. Una volta concessa l'autorizzazione, le decisioni su prezzi e rimborsi saranno prese a livello di ciascuno Stato membro, tenendo conto del ruolo e dell'uso potenziale di questo farmaco nel contesto del proprio sistema sanitario nazionale. Il parere positivo espresso dal CHMP di EMA su Leqembi segna un avanzamento significativo nel trattamento dell'Alzheimer precoce. Con una stretta vigilanza e misure di sicurezza, il farmaco potrà offrire un'opzione terapeutica innovativa per i pazienti nelle fasi iniziali della malattia.
I limiti della terapia
«Ci uniamo al nostro partner internazionale Alzheimer Europe nell'accogliere la notizia con favore: è indubbiamente positivo avere a disposizione una nuova possibilità di cura contro l'Alzheimer. Si tratta di un progresso importante nella ricerca che potrebbe aprire le porte allo sviluppo di nuovi trattamenti e portare così benefici a un numero sempre maggiore di persone» commenta Mario Possenti, segretario generale di Federazione Alzheimer Italia e vicepresidente di Alzheimer Europe. «Accanto all'ottimismo che circonda la notizia non possiamo però dimenticare i limiti di questa terapia, innanzitutto quello di essere destinato a un gruppo di beneficiari decisamente ristretto. Agendo su problemi di memoria e ragionamento legati a un deterioramento cognitivo lieve o a una demenza lieve, potrà essere somministrato solo a persone con una diagnosi di Alzheimer in una fase molto precoce; saranno esclusi inoltre i pazienti con una particolare variante genetica (ovvero più di una copia del gene ApoE4) e quelli che assumono anticoagulanti, per i quali aumenterebbe il rischio di ARIA, - edemi ed emorragie cerebrali - correlati all'assunzione del farmaco».